#Archeolounge…alla scoperta degli Etruschi
Articolo pubblicato il 27 maggio 2016 nella rubrica “archeolounge” del sito di Discover Prato.
Articolo pubblicato il 27 maggio 2016 nella rubrica “archeolounge” del sito di Discover Prato.
Articolo pubblicato l’9 settembre 2016 nella rubrica “archeolounge” del sito di Discover Prato.
Colline gentili, trapunte di olivi, che scendono a balze verso il fiume Bisenzio… piccoli gruppi di case raccolti lungo strette strade che portano, attraverso campi e boschi, da Vaiano verso il crinale della Calvana: questo paesaggio mite, plasmato dalla natura e dalla mano dell’uomo, nel Medioevo era un’area “di frontiera”.
I campi, il crinale, la valle stessa, infatti, erano al confine delle terre poste sotto il controllo dei conti Alberti, Guidi e, verso il Mugello, Ubaldini che, un tempo “padroni” delle aree collinari e montane, si trovarono, dal Duecento, a fronteggiare l’espansione dei contadi delle città di Prato e Firenze.
La dorsale dei monti della Calvana, quindi, era intessuta di numerosi tracciati storici che mettevano in comunicazione i borghi rurali della Val di Bisenzio con la Val di Marina e il Mugello/Val di Sieve.
Un progetto di Archeologia Medievale in Val di Bisenzio
Nel 2014 noi archeologi abbiamo percorso in lungo e in largo questo territorio, fra Vaiano e il crinale della Calvana, con l’intento di studiare, e documentare, quando si era conservato degli insediamenti medievali posti proprio lungo la viabilità di mezzacosta e di valico.
Il programma archeologico era parte del progetto “Paesaggi della memoria nell’Appennino. Per le antiche vie della Calvana medievale”, presentato dal Comune di Vaiano in occasione del “Bando Regionale 2011-Interventi in materia di paesaggio”. La finalità generale del progetto era la tutela e la riqualificazione del paesaggio, inteso come insieme di caratteristiche storiche, culturali e naturali irripetibili oltre che espressione del costante rapporto, in divenire nel tempo, tra uomo e ambiente.
Lungo i sentieri medievali fra Vaiano e la Calvana: borghi, case e chiese
Una parte del gruppo di ricerca, costituita da tre archeologi, si è occupata di schedare e documentare fotograficamente tutti gli insediamenti o i singoli edifici medievali conservati lungo la via di mezzacosta da Parmigno a Il Cotone (a nord di Sofignano) e verso il valico di Passo della Croce. Obiettivo generale di tali ricognizioni sul territorio era quello di studiare, anche con l’aiuto della ricerca sui libri e in archivio, il quadro storico e territoriale degli insediamenti (fra cui la torre di Melagrana, oggetto di uno studio più dettagliato).
Panoramica di una porzione del territorio indagato dove è visibile il Passo della Croce. Al di sotto si riconoscono C. Il Poggio, C. L’Olmo, C. La Crocetta e, sulla destra, la Pieve di Sofignano.
Un secondo scopo era quello di produrre, tramite una speciale schedatura e l’utilizzo di mappe anche catastali, un “censimento archeologico” di tutti gli edifici medievali superstiti, applicando un metodo di analisi da noi ideato e sperimentato in altre zone della Toscana chiamato Atlante dell’Edilizia Medievale.
Alcune fasi della ricerca sul campo (a destra C. Il Poggio sopra la pieve Sofignano).
Abbiamo così scoperto un territorio ricco di insediamenti storici che punteggiano il fianco occidentale della Calvana: su un totale di 35 siti ben 16 conservano ancora oggi almeno un prospetto con porzioni di muratura medievale e, in molti casi, sono tutt’oggi ancora in uso, anche se magari non necessariamente hanno mantenuto la loro funzione originaria.
Le tipologie degli edifici individuate, infatti, sono varie e riguardano per lo più strutture abitative ad uso civile, ma anche strutture con funzione prettamente militare (ne è un esempio la torre di Ferracani), o religiosa come la chiesa di Santo Stefano a Parmigno. Frequente è anche il caso di una doppia funzione abitativa e difensiva, le cosiddette case-torri, di cui si ha un bell’esempio nell’edificio di Casa Nera, recentemente restaurato.
Ci sono poi strutture adibite ad usi particolari. Per esempio i ruderi del sito di Rimaggio, posto lungo la via di valico che conduce al Passo della Croce, potrebbero forse essere identificati con lo “spedale” che, secondo le fonti scritte, venne fondato nel 1294 da Ubaldo di Messer Adatto da Prato. Oppure la struttura del Molino di Savignano, oggi trasformato in abitazione, che conserva ancora parte delle strutture del “margone”, la vasca per captare le acque del torrente La Nosa. Oggi su questo edificio non sono visibili murature medievali ma sappiamo che nel borgo di Savignano è documentato un mulino tenuto da Martino di Ser Bonfigliolo già nel 1296.
Alcuni degli edifici analizzati durante le ricerche: a sinistra l’edificio di C. Nera, a destra il Molino di Savignano nei pressi del fiume La Nosa.
Particolarmente interessante, infine, si è rilevato il nucleo edilizio di Case Melagrana, poco a nord della torre di Melagrana e della azienda agricola Del Bello. Il sito, un piccolo gruppo di edifici ancora oggi abitato, mantiene infatti i resti di una struttura medievale con un portale (trasformato ora in finestra) affiancato da una muratura di ottima fattura tipica degli edifici religiosi. Questo elemento, insieme al tipo di portale che trova precisi confronti con la chiesa di Santa Maria Maddalena ai Malsani, presso il ponte Pietrino, e similitudini con le chiese di San Leonardo in Collina e Santa Cristina a Pimonte, ci hanno fatto ipotizzare che il sito di Case Melagrana possa essere identificato con la scomparsa chiesa di Santa Maria a Bibbiano (toponimo associato alla fine del Cinquecento a quello di Melagrana). La chiesa, inoltre, in un secondo momento, venne probabilmente trasformata in una casa-torre come suggerito dalle feritoie visibili al secondo piano, prima di essere riconvertita, definitivamente, a casolare.
A sinistra, il complesso di C. Melagrana (in alto) e la torre di Melagrana (in basso) dal borgo di Le Fornaci; a destra un particolare di C. Melagrana.
Vieni… c’è una torre nel bosco
La torre di Melagrana svetta nel mezzo di un bel prato verde brillante sotto il Poggio di Bibbiano, sul versante occidentale della Calvana, mostrandosi come per incanto, d’improvviso, agli occhi di chi esce nella radura venendo dal sentiero nel bosco che parte dalla Fattoria del Bello e porta fino a Case Melagrana, oppure provenendo dal sentiero che parte dal Centro Visite di Sofignano.
La torre di Melagrana.
Le nostre indagini, che hanno coinvolto due archeologi, si sono occupate di far luce sulla storia del monumento e, al tempo stesso, documentare nel dettaglio le sue caratteristiche architettoniche e le fasi costruttive (tramite l’Archeologia dell’Architettura), per avere dati utili non solo per la ricostruzione della “biografia” dell’edificio ma anche per un futuro intervento di restauro. La torre, infatti, è molto lesionata, in particolare due grandi crepe verticali quasi la dividono a metà, anche se, subito dopo le nostre analisi, è stata messa in sicurezza con tiranti e cerchiature.
Dal punto di vista prettamente storico non è facile capire a chi sia appartenuta la torre di Melagrana e in che periodo sia stata costruita: gli archivi non hanno lasciato documenti che si riferiscano a lei direttamente. Possiamo però facilmente ipotizzare che fosse una postazione strategica per il controllo degli insediamenti situati lungo la viabilità dal Bisenzio al valico della Croce (e da lì in Mugello), proprio al confine meridionale dei territori degli Alberti. Un’ipotesi suggestiva è che la torre potesse appartenere, assieme ad altre strutture fortificate in località Le Mura, alla famiglia di un certo Bartolo di Vito. Questi era un ghibellino di parte bianca che fu cacciato da Firenze e, rifugiatosi tra la fine del Duecento e i primi anni del Trecento nel territorio di Sofignano, provocò non poco trambusto dando ospitalità ad alcuni membri della famiglia degli Ubaldini (ghibellini da Montaccianico, in Mugello) che facevano scorrerie in Val di Bisenzio, rubando il bestiame e dando fuoco alle case dei popolani!
Dal punto di vista archeologico, l’edificio si conserva attualmente per quattro “piani” anche se doveva essere più alto perché la prima fila di buche pontaie (i fori nel muro per alloggiare le travi dei ponteggi) si trova oggi a un paio di decine di centimetri dal terreno, il che suggerisce la presenza di almeno un altro metro di interro. Inoltre è probabile che l’attuale portale di accesso sia stato costruito in epoca successiva, dato che tradizionalmente nelle torri fortificate l’entrata si trovava ad un’altezza di circa 7 metri (in quota, per permettere una miglior difesa) e, solitamente, gli ingressi venivano poi modificati e resi più comodi al momento in cui cessava la funzione difensiva vera e propria.
A sinistra una delle fasi della ricerca, a destra, evidenziate in un riproduzione medievale, gli alloggi per il sosteno delle travi dei ponteggi.
Le finestre e, all’interno, una serie di nicchie nelle murature, che avevano la funzione di stipetti per riporre oggetti di vario tipo, ci indicano abbastanza bene i diversi piani dell’edificio, di cui sono intuibili anche gli appoggi per i solai che, essendo di legno, non si sono purtroppo conservati.
I primi due livelli dell’edificio sono quelli che conservano maggiormente le caratteristiche militari della torre, con alcune feritoie orientate verso il crinale e verso la collina, quando serviva da presidio difensivo per i suoi occupanti.
Una delle feritoie esterne e le diverse aperture visibili all’interno.
Osservando la muratura dell’ultimo piano, invece, si può osservare quel che resta di una curiosa trasformazione da edificio militare a… colombaia! Il paramento, infatti, è caratterizzato da numerose buche, o ‘cellette’, che servivano probabilmente ad ospitare, all’interno, i piccioni da allevamento. Dalle fonti scritte, infatti, sappiamo che fin dalla fine del Duecento era molto diffusa, nel pratese, la pratica dell’allevamento dei colombi, ed è nota la presenza di colombaie proprio nella zona di Sofignano. Attualmente non abbiamo dati certi del periodo esatto in cui la torre cessò di avere una funzione militare ma vale la pena segnalare che proprio nei primi anni del Trecento il famigerato Bartolo di Vito venne condannato dal Capitano del Popolo di Prato ad abbattere le sue fortificazioni, nel tentativo di regolamentare la presenza ghibellina sul territorio. Tale sorte, quindi, potrebbe essere toccata anche alla “nostra” torre, che capitozzata, sarebbe quindi stata riadattata a scopi meno bellicosi!
La parte sommitale della torre utilizzata come colombaia.
Un territorio da valorizzare
Le nostre indagini ci hanno permesso di scoprire un territorio ricchissimo di storia e ma anche di architetture e insediamenti medievali ancora poco conosciuti. La nostra ricerca intendeva proprio puntare l’attenzione su questo patrimonio meno visibile, perché possa essere conosciuto, protetto e valorizzato dagli amministratori del territorio e da chi lo abita.
Un piccolo passo è stato avviato: la torre di Melagrana è stata messa in sicurezza ed è stato inaugurato, in collaborazione con il comune di Vaiano, un percorso di visita che andrà ad aggiungersi ad altri percorsi già attivi e incentrati attorno al nuovo Centro Visite di Sofignano.
Ci sentiamo quindi di affermare, alla luce della nostra piccola esperienza, quanto sia necessario integrare virtuosamente la conoscenza del territorio con il recupero sostenibile e la riqualificazione consapevole del patrimonio edilizio medievale, in sinergia con i professionisti del settore, per lo sviluppo delle comunità residenti, verso la condivisione, anche turistica, di un paesaggio storico che è il vero museo a cielo aperto delle nostra Storia.
#archeolounge
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Per saperne di più:
Francesca Cheli e Chiara Marcotulli – Laboratori Archeologici San Gallo
Articolo pubblicato il 22 aprile 2016 nella rubrica “archeolounge” del sito di Discover Prato.
Articolo pubblicato il 9 marzo 2016 nella rubrica “archeolounge” del sito di Discover Prato
Da oggi cominciamo un nuovo viaggio insieme agli amici di DiscoverPrato,