#Archeolounge a San Domenico

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#Archeolounge a San Domenico

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Articolo pubblicato il 4 luglio 2016 nella rubrica “archeolounge” del sito di Discover Prato, che parla di avventura, pentole e… musei!

Un piccolo tesoro si nasconde ai margini di quelli che un tempo erano i confini della città medievale di Prato, custodito dalle imponenti mura della chiesa di San Domenico e avvolto nel silenzio del chiostro.

Mettetevi comodi, oggi nel salottino di #archeolounge vi parleremo di una ‘specialità’ archeologica tutta pratese!

L’avventura (forse possiamo chiamarla così dato che, sotto molti aspetti, cominciò quasi per caso e si svolse in condizioni ‘estreme’) ebbe inizio nei primi anni Novanta, quando, in occasione di un intervento di restauro al tetto del coro della chiesa di San Domenico, fu fatta una straordinaria scoperta: intaccando una porzione dell’acciottolato che costituiva il piano pavimentale del vano del sottotetto apparvero, come per incanto, alcune decine di vasi di ceramica medievale, incastrati gli uni sugli altri e… intatti. Ben presto, proseguendo un primo sondaggio esplorativo, si capì che le forme ceramiche potevano essere centinaia, disposte a riempire gli spazi fra la volta, le mura del coro e il pavimento!

Fu dunque coinvolta l’Università di Firenze, con il prof. Guido Vannini della Cattedra di Archeologia Medievale, e si dette avvio a uno scavo archeologico molto particolare, che si concluse in tre brevi campagne di indagini, di cui l’ultima, dopo una lunga pausa, nel 2006… condotta dalla sottoscritta.

La chiesa di San Domenico e la localizzazione dei vasi trecenteschi.

Lo scavo non era semplice perché, tanto per cominciare, si svolgeva dentro un ambiente vicino al campanile, a circa trenta metri di altezza e, a quel tempo, per tornare letteralmente con i piedi per terra dovevamo arrampicarci sui ponteggi del cantiere di restauro! Inoltre, dato che i vasi erano quasi tutti ancora interi (fatto piuttosto straordinario, perché di solito li troviamo in tanti piccoli frammenti) erano anche estremamente fragili: dovevamo quindi estrarli stando sospesi su di essi, seduti o anche sdraiati su delle tavole. Ogni pezzo veniva registrato e ne veniva annotata l’esatta posizione, per poi essere trasportato in un magazzino all’interno del Museo di San Domenico.

Era necessario essere rapidi, precisi e delicati.

Gli archeologi al lavoro per l’estrazione dei vasi.

Quando ci ripenso… È stata un’esperienza bellissima: estrarre decine e decine di boccali decorati, pentole, orci, paioli (quasi ripetendo, all’inverso, i gesti dei muratori che li avevano posizionati lì nel Medioevo) aveva una suggestione del tutto speciale.

Quegli artigiani, o meglio, quei maestri a noi sconosciuti erano stati incredibilmente abili, collocando i vasi per strati sovrapposti, incastrandoli perfettamente tra loro in modo da non romperli e sagomandone alcuni per creare incastri perfetti e realizzare così un riempimento leggero e ben coeso.

La disposizione delle forme ceramiche nelle volte di San Domenico.

Ma perché si presero la briga di eseguire un lavoro così accurato e complesso per riempire i quattro spicchi della volta? E soprattutto… Noi archeologi eravamo in grado di capire esattamente in che periodo ciò fosse avvenuto?

Per rispondere alla prima domanda è il caso di accennare che nell’architettura del passato ci sono numerosi casi di recipienti ceramici integri inseriti nelle murature. Questo perché i vasi erano resistenti, di grandi dimensioni ma leggeri, quindi molto adatti per riempire volte o controsoffitti. Inoltre erano un materiale relativamente a basso costo potendoselo procurare in gran quantità direttamente dalle fornaci cittadine, dai “butti” di materiale scartato, o più semplicemente riciclando vasellame non più utilizzato. È probabilmente quel che avvenne nel San Domenico, dato che sono stati portati alla luce sia pentole annerite dal fumo delle cucine sia vasi difettosi, quindi non commerciabili.

Proprio questo scavo, a Prato, è fra i pochissimi in Italia in cui gli archeologi hanno avuto modo di studiare nel dettaglio questa particolare tecnica costruttiva (altri casi celebri sono quelli della chiesa di Sant’Antimo a Piombino e del convento del Carmine a Siena).

In che periodo i muratori realizzarono questa piccola ma ‘segreta’ opera d’arte? In questo caso ci viene in aiuto la storia… del campanile!

Nel 1281 fu autorizzata la fondazione del convento di San Domenico fuori dalle mura della città, tra la porta Fuia e la porta Gualdimare. È proprio questo, infatti, il periodo in cui gli ordini monastici mendicanti, Domenicani e Francescani, iniziarono a stabilirsi in città, costruendo le loro grandi chiese e i conventi appena fuori la cerchia urbana.

Prato, a quei tempi, era una città in fermento economico ed edilizio, tanto da arrivare a contare, fra la fine del 1200 e i primi anni del 1300, circa 10-15.000 abitanti: un bel numero se pensiamo che Firenze, una delle maggiori città europee del periodo, ne aveva circa 100.000!

I lavori di costruzione della chiesa iniziarono nel 1284 e si protrassero per alcuni decenni. Nel 1314 il Comune ordinò ai frati di abbattere il campanile perché, essendo più alto e troppo a ridosso delle mura, rischiava di agevolare un possibile attacco alla città da parte di Castruccio Castracani, condottiero e signore di Lucca che, in quegli anni, si stava espandendo verso Firenze.

Passato il pericolo si ordinò la ricostruzione del campanile, che avvenne nel 1336-37: il limite della nuova muratura, in mattoni, si riconosce ancora chiaramente. Poiché le indagini archeologiche hanno verificato che i contrafforti dei nuovi piani del campanile poggiano proprio sull’acciottolato che “sigillava” il riempimento di vasi… possiamo dire abbastanza sicuramente che le ceramiche di San Domenico sono state deposte dai muratori almeno entro il 1336, o forse anche entro il 1314!

Il progetto di allestimento museale dei vasi di San Domenico.

Forse non tutti lo sanno ma da alcuni anni gli archeologi dell’Università di Firenze stanno lavorando, insieme all’Ufficio Cultura della Diocesi di Prato, al progetto di allestimento museale di una “sezione archeologica” all’interno del Museo di Pittura Murale di San Domenico, dove saranno esposte in modo permanente molte delle ceramiche di cui vi abbiamo appena parlato.

È possibile che l’inaugurazione sia abbastanza vicina… vi terremo aggiornati!

Nel frattempo abbiamo prodotto un VIDEO sulla storia dello scavo, che puoi vedere qui.

#pratosottosopra #archeolounge

 

Per approfondire

  • Guido Vannini, Una struttura edile trecentesca: il complesso fittile del S. Domenico di Prato, in De Minicis E. (a cura di), I laterizi in età medievale. Dalla produzione al cantiere, Roma, Edizioni Kappa 2001, pp. 199-212.
  • Chiara Marcotulli, Elisa Pruno, Orciolai e magistri de pietra: Prato nel XIV secolo, in Atti del XLVI Convegno Internazionale della Ceramica di Albisola “Ceramica e Architettura”, Savona, Tipolitografia Bacchetta 2014, pp. 101-116.

Chiara Marcotulli – Laboratori Archeologici San Gallo

 


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